Spread in Prato 2004
a cura di Pier Luigi Tazzi
/ Sede: Prato, sedi varie
/ Inaugurazione sabato 16 ottobre
/ Date: 16 ottobre – 25 novembre 2004
/ Ideazione del progetto e organizzazione: Dryphoto Arte Contemporanea
/ Comitato promotore: TRA ART-Rete Regionale per l’Arte Contemporanea – Assessorato al Turismo della Provincia di Prato – Archivio Fotografico Toscano/Assessorato alla Cultura del Comune di Prato – Agenzia per il Turismo di Prato – Gruppo Giovani Imprenditori di Prato – Unione Commercianti di Prato – Andrea Abati – Beatrice Magnolfi – Samuel Fuyumi Namioka – Giampiero Nigro
/ Progetto Supportato da TRA ART-Rete Regionale per l’Arte Contemporanea – Assessorato al Turismo e Assessorato alla Cultura della Provincia di Prato – Archivio Fotografico Toscano/Assessorato alla Cultura del Comune di Prato – Assessorato Allo Sviluppo Economico del Comune di Prato, Agenzia per il Turismo di Prato, Fondazione Cassa di Risparmio, Ambasciata Israeliana in Roma, Mondrian Foundation, British Council, Consiag, Azienda Servizi Municipalizzati, Cooperativa Trasporti Pratesi
/ Artisti: Takuma Nakahira, Carmelo Nicosia, Philip-Lorca di Corcia, Armin Linke, Isaac Julien, Sissi, Tomoko Yoneda, Rosa Rossa, Italo Zuffi, Adi Nes, Gil Marco Shani, Rona Yefman, Michal Chelbin, Yumita Hiro, Michelangelo Consani, Donatella Di Cicco, Bethan Huws, Mark Lewis, Yang Fu Dong, Zhang Peili, Pascale Marthine Tayou, Surasi Kusolwong, Gruppo A12, Connie Dekker, Luca Malgeri, Herbert Reyes, Addo Ludovico Trinci
Spread in Prato mantiene il livello internazionale delle due precedenti edizioni proponendo una selezione di opere fotografiche alcune delle quali mai presentate in Italia e un’ampia sezione dedicata ai film d’artista. La volontà di Spread in Prato è quella di portare l’arte nei luoghi della produzione e del consumo mettendo in diretta relazione il lavoro e i desideri. Gli oggetti incongrui dell’arte vengono portati dentro i luoghi della produzione (fabbriche, uffici) e del consumo (esercizi commerciali, negozi) così da instaurare una coabitazione degli uni con gli altri affinchè chi li frequenta ne possa rilevare qualità e natura. Con l’esperienza acquisita negli anni Spread in Prato si è rivelata anche un modo di leggere la città secondo percorsi differenti rispetto sia a quello meramente storico-turistico, sia a quello politico-sociologico, sia a quello di uso quotidiano. Quelli di Spread in Prato sono percorsi trasversali che offrono possibilità di scoperte e avventure dentro il proprio stesso territorio. Spread in Prato, in altre parole, ha compiuto una sorta di avvicinamento progressivo alla realtà sostanziale della città come habitat primario della specie umana in questa fase della sua civiltà. Per questo, quest’anno, l’inclusione di due altre tipologie di luogo: la casa privata e i luoghi dello spettacolo (il Centro Pecci, il Teatro Metastasio, il Politeama). Ambedue i luoghi sono quelli dove l’individuo svolge una parte della propria vita quando non si attiva nei ruoli del produttore e del consumatore. Ambedue hanno a che fare con la rappresentazione, il luogo dello spettacolo in senso proprio, quello della casa in senso mediato come autorappresentazione limitata alla zona del privato. Nei luoghi dello spettacolo il medium delle opere sarà il film, che da dieci anni ha raggiunto una propria maturità come mezzo di espressione artistica, lasciatesi alle spalle tutte le sperimentazioni delle avanguardie e acquisito la legittimità artistica del proprio linguaggio. Il panorama artistico che la manifestazione propone spazia dalle giovani e più interessanti rappresentanze dell’arte italiana, alle avanguardie estremo orientali fino ad arrivare a nomi affermati nell’establishment artistico internazionale Il percorso espositivo si articola intorno al tema del corpo. Le opere scelte per ciascun artista hanno come comune denominatore il corpo, il corpo in senso fisico e materico ma anche in senso ‘allargato’: il corpo trasformato dai codici culturali, il corpo come insieme sociale. Ad un livello di lettura successiva possiamo dire che l’intento del curatore è quello di analizzare come la storia, personale e/o collettiva altera e modifica l’immagine, costruita o ingenua, di persone e ambienti, e di conseguenza la loro rappresentazione. La fotografia nella sua ultracentenaria storia, che è pur breve, se rapportata a quella di altri mezzi espressivi quali la scultura o la pittura o il disegno, si è dimostrata particolarmente efficace in questa direzione, creando icone di grande persusività. Nel lavoro degli israeliani Gil Marco Shani, Rona Yefman e Michal Chelbin il corpo parla in maniera allegorica. Nessun richiamo diretto a una situazione politica o al contesto blindato in cui questi artisti si trovano ad agire, piuttosto racconti intimi, sofferti quasi delle confessioni che solo attraverso tramature sottili ci riportano alla Storia. Il corpo diventa invece moltitudine, lento movimento di masse che emigrano nell’opera di Armin Linke; forme complesse e colori saturi nel lavoro di Sissi che ritrae bagnanti su una spiaggia affollata delle nostre coste; ritratto velato, enigmatico e sospeso nel tempo in Elegante e straniero di Italo Zuffi dove l’obbiettivo schiva volutamente l’insieme per raccontare attraverso i dettagli di una stanza e di un corpo; ritratto sociale invece nel Quarto Stato di Michelangelo Consani. Evidente il riferimento a Pellizza da Volpedo, ma la riflessione si risolve in un’icona malinconica: la foto ritrae un gruppo di agenti di commercio forzatamente in posa durante un meeting all’esterno della fabbrica. Archivio e memoria nelle immagini dell’artista napoletana Rosa Rossa dove oggetti recuperati da strade e discariche diventano soggetto dell’opera; “frammenti esistenziali” possono essere definite le fotografie di Carmelo Nicosia, attimi in cui le esperienze dell’uomo si manifestano nei momenti rituali del viaggio: nella magia della partenza, nei tempi della navigazione e dell’attesa, nell’ansia dell’approdo in porti sconosciuti. Procaci e goffamente provocanti le figure femminili nella serie Dolls di Donatella Di Cicco. Donne che ammiccano con fare televisivo, aspiranti veline in posa sullo sfondo di paesaggi agresti o marini, chiamate a recitare se stesse (e le proprie aspirazioni) in ambientazioni decisamente incongruenti. Isaac Julien – artista e regista londinese candidato nel 2001 al Turner Prize e presente all’ultima dOCUMENTA di Kassel e alla recente Biennale di Berlino, ma fondamentalmente conosciuto per essere stato il co-fondatore del collettivo Sankofa che negli anni Ottanta ha agitato la vita artistica britannica sensibilizzando gli ambiti contemporanei sul problema razziale e dell’identità sessuale – propone a Spread in Prato, Before Paradise, una serie di fotografie che mostrano il rapporto fra l’altro il diverso, sia negro che meticcio, che gay con una natura idilliaca, o con una linda, allucinante, asettica città entrambi visioni di una cultura occidentale, dove il corpo, l’umano, da minoranza come nelle opere passate diventa parte essenziale proprio per la sua stessa compostezza statuaria. Philip-Lorca Di Corcia crea con le sue opere veri e propri ibridi tra arte e fotografia di moda. Sono racconti essenziali come mitologie contemporanee, che mettono in scena modelle e personaggi reali sullo sfondo di ambienti hollywoodiani. Tra le opere che presenta a Spread una del ciclo Hustlers: fotografie realizzate sul Sunset Boulevard a Hollywood aventi come soggetti prostituti, sbandati e disoccupati. Il set delle foto è preparato anticipatamente, con luci artificiali e componendo i materiali che trova in anonime stanze di motel o tra i parcheggi dei fast-food nella terra di nessuno. L’artista poi va per strada alla ricerca degli uomini che fotograferà, offrendo un compenso per la loro “prestazione”. Di Corcia chiede ad ognuno nome, età, luogo di nascita, e ogni foto porta quel titolo più il prezzo pagato per il loro tempo. Le immagini sono deliberatamente una finzione composta da elementi reali. Nakahira Takuma (Kohoku Ward, 1938) è considerato una leggenda nel mondo della fotografia giapponese. Nei primi anni del suo lavoro propone immagini sgranate e fuori fuoco per rompere ogni forma di convenzione. Da allora porta avanti l’idea che la fotografia deve riprodurre le cose della realtà esattamente come sono producendo una sorta di libro illustrato pittorialista. Le immagini scelte per Prato mostrano molto bene questa tendenza, sono dittici dove ad esempio l’immagine onirica di una oca bianca su un prato in perfetta sintonia con la tradizione della pittura piatta giapponese (Nihonga) viene posta accanto a barboni addormentati o frammenti di alberi. Ed ancora un’artista giapponese, Tomoko Yoneda. L’artista è attratta dalla storia intesa come accumulazione di memorie. “Faccio fotografie non perchè sono attratta dalla forma di un soggetto ma perchè voglio mostrare un fatto psicologico nascosto, unico ed individuale che esisteva prima dell’immagine.” Sono apparentemente fotografie di paesaggio riprese in luoghi significativi le opere che espone a Spread come ad esempio Beach (Location of the D-Day Normandy Landings, Sword Beach, France) che mostra bagnanti su una spiaggia in un qualsiasi giorno d’estate ignari forse di essere sulla mitica Sword Beach in Normandia, dove avvenne lo sbarco degli alleati americani. Per quanto riguarda la sezione dei film Pier Luigi Tazzi seleziona opere perlopiù non narrative ma di forte impatto visivo dal canadese Mark Lewis al camerunese Pascale Marthine Tayou fino ai cinesi Yang Fu Dong, Zhang Peili e all’artista thailandese Surasi Kusolwong. Da segnalare in questa sessione il film ION ON dell’artista Bethan Huws, conosciuta ed apprezzata per il suo lavoro artistico sul dialetto gallese. ION ON è una pellicola di 35mm che dura un’ora. In un monologo, l’attore parla dell’arte, del curatore e della vita quotidiana. Il testo, con gli echi di Beckett, fa domande e parla di un sogno di due caratteri linguistici, Tion ed Ition. Accanto alle opere fotografiche e ai film, quest’anno Spread propone anche un altro media: la cartolina. Mezzo di comunicazione nel senso più comune e quotidiano, diventa in questa occasione veicolo di lavoro per l’artista olandese Connie Dekker, per il giovane Luca Malgari, per il Gruppo A12, per il guatemalteco Herbert Reyes e per Addo Ludovico Trinci. Connie Dekker presenta alcune vedute di paesaggi toscani e olandesi, su queste immagini annota brevi frasi e pensieri così che la cartolina diventa una sorta di diario; Luca Malgeri si confronta con le grandi icone del cinema inserendo la sua immagine su frame da film con protagonisti eccellenti quali Audrey Hepburn e altri. Il Gruppo A12, collettivo di architetti interessato alla ricerca della trasformazione della città contemporanea e al ruolo critico dell’architettura in rapporto al contesto socio-culturale in cui si colloca, presenta il lavoro Saluti da Pelago organizzato dalla Fondazione Lanfranco Baldi; Herbert Reyes, il cui lavoro testimonia fortemente l’attuale situazione di emergenza del mondo latinoamericano, propone l’immagine di un’auto distrutta in seguito a un attentato e che, abbandonata lungo una strada, diventa un semplice fatto estetico. In qualche modo contrapposta a questa immagine l’opera cartolina di Addo Ludovico Trinci, un tempio buddista immerso nel paesaggio silente e innevato delle colline modenesi. La mostra sarà documentata da un catalogo con testi critici di Pier Luigi Tazzi, schede sugli artisti e fotografie a colori delle opere installate.