con Paolo Cagnacci, Matteo Cesari, Irene Alison e Andrea Abati  

/ data: 17 marzo 2017
/ orario: 21:15
/ sede: Dryphoto arte contemporanea, via delle Segherie 33a, Prato

Il primo appuntamento con le conversazioni di innercode del 2017 è dedicato al fiume Arno e a due progetti che, a distanza di vent’anni, ne hanno raccontato la storia e il territorio.

Attraverso i villaggi (1986) e A come Arno (2016/17) sono due progetti e due libri nei quali, attraverso la fotografia, si cerca un motivo di ripensamento, di riflessione ulteriore sul territorio attraversato dal fiume Arno. Il fiume dunque come luogo fisico, come percorso, paesaggio sociale e culturale, ma anche catalizzatore di vite, esperienze, stratificazioni e contraddizioni.

A come Arno di Paolo Cagnacci e Matteo Cesari, ultimo photobook curato e prodotto da DER*LAB, è un’indagine tra presente e memoria del fiume Arno a 50 anni dalla grande alluvione del 1966. Era il 4 Novembre: dopo 2 giorni di intensa pioggia il fiume Arno rompeva gli argini e inondava Firenze. Una delle città più amate al mondo viveva le sue ore più terribili, devastata da acqua e fango. 34 vittime e tredicimila famiglie senza tetto. A cinquant’anni da una tragedia che ha avuto un così forte impatto nell’immaginario italiano, l’Arno continua a scorrere segnando il territorio, la vita quotidiana, le usanze, i ritmi e il carattere di una regione. Da qui, dalla volontà di raccontare volti, luoghi, geografie e storie lungo il corso di un fiume simbolo dell’identità italiana, nasce il progetto “A come Arno”. Una piattaforma multimediale e un libro che raccolgono il percorso di documentazione realizzato lungo le sponde del fiume dai fotografi Paolo Cagnacci e Matteo Cesari, intrecciandolo con il materiale iconografico d’epoca e con altri contributi visivi, per aprire una riflessione sulla memoria, sul futuro e sulla conservazione e riprogettazione del paesaggio.

Attraverso i villaggi di Andrea Abati è un progetto e un libro, con introduzione di Luigi Ghirri, del 1986, dove il percorso dalla sorgente alla foce del fiume si fa avventura del pensiero e dello sguardo e traccia una inedita cartografia dei territori che l’Arno attraversa nella sua via dal Casentino al mare. Con uno sguardo sincero e pulito, le fotografie di Abati raccontano di aree di scarto e di avanzi della modernità come di spazi intatti e resti di antiche grandezze: il fiume attraversa montagna, campagna, passa attraverso i villaggi, le città. Indifferentemente. Trasporta via le scorie, inonda, travolge. La fotografia racconta non solo un luogo ma anche la sua storia, in un percorso che è spazio-tempo, stratificazione, archivio, montaggio. Per la realizzazione del progetto, Abati ha percorso, in due anni, le sponde dell’Arno in diverse tappe, spinto da una forte fascinazione personale per il fiume e dalla forte motivazione di mostrare la necessità di “migliorare” la qualità delle acque e del fiume. Allora molte città, compresa la stessa Firenze, non disponevano, per esempio, neanche di un depuratore per le acque reflue. Quello che fanno le immagini di Abati, registrando senza alcun pregiudizio la storia delle sedimentazioni di quel territorio, è obbligarci a guardarci intorno e rintracciare nelle intermittenze di questo nuovo paesaggio il segno delle trasformazioni ambientali e territoriali che abbiamo provocato e prenderne consapevolmente atto.

Un fiume, tre autori, due approcci alla fotografia, due volumi. Vogliamo capire cosa, in questi vent’anni, è cambiato nei luoghi che l’Arno percorre e nell’immaginario collettivo di quel territorio e della sua storia ma anche nella fotografia e nel suo modo di interrogare il paesaggio.

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Paolo Cagnacci (1971) si diploma in fotografia presso la Fondazione Studio Marangoni nel 2006, dove insegna fotografia di ritratto e tecniche di illuminazione. Ha realizzato progetti fotografici per Regione Toscana, Festival della Creatività, Festival dei Popoli, Osservatorio dei Balcani, Fondazione Michelucci, Tempo Reale. Unicoop Firenze. Ha pubblicato le proprie immagini su riviste quali: Specchio, Left, Donna Moderna, Famiglia Cristiana, Corriere della Sera, Repubblica, La Stampa, Sette, SportWeek, L’Espresso. Nel 2008 ha lavorato per l’agenzia Massimo Sestini. Dal Giugno 2013 il suo lavoro è distribuito dalla Luz Photo Agency.

Matteo Cesari (1979) si laurea in Conservazione dei Beni Culturali presso l’Università di Pisa e si diploma in fotografia presso la Fondazione Studio Marangoni di Firenze. Le sue fotografie sono state esposte al L.u.c.c.a , museo di Arte contemporanea di Lucca, presso L’Ambasciata Italiana in Lussemburgo e in festival di fotografia sociale a Piombino (Li) e a Perugia.

DER*LAB è uno studio di consulenza specializzato nel campo della fotografia documentaria, nato nel 2013, con base a Roma. Un team multidisciplinare che offre strumenti di ricerca e sviluppo a supporto della progettazione e della produzione fotografica. Dal concept fino alla realizzazione e alla promozione, DER*LAB accende o accoglie le idee e le fa crescere, sviluppando progetti per singoli, conto terzi e su committenza di istituzioni pubbliche o private.

Andrea Abati (1952) si occupa di fotografia dalla fine degli anni Settanta. Punto di partenza del suo lavoro sono l’analisi delle trasformazioni del paesaggio architettonico industriale, l’osservazione simbolica della natura antropizzata, l’attenzione all’avvicendarsi delle genti e al mutamento del tessuto sociale nella città. Per lui, talvolta diviene prioritario abbandonare il concetto di opera e pensare ad innescare pratiche artistiche nella sfera pubblica.  Dal 2000 lavora anche in gruppo, con varie collaborazioni. Dal 2006 usa il romanzo-fotografico in vari contesti artistici, ma sempre in lavori di gruppo. Dal 2008 si occupa anche di video. Recentemente accompagna la scrittura romanzata ai suoi lavori. Ha esposto in Italia, Europa, USA.

WABI-SABI
Martina della Valle

/ sede: Dryphoto arte contemporanea, via delle Segherie 33a, Prato
/ inaugurazione: venerdì 30 settembre, ore 18:30
/ date: 30 settembre – 15 novembre 2016, da mercoledì a venerdì dalle ore 17:00 alle ore 20:00; altri orari su appuntamento
/ apertura straordinaria: sabato 15 ottobre 2016 (XII Giornata del Contemporaneo, AMACI), dalle ore 17:00 alle ore 22:00

Il Wabi-Sabi è “la bellezza delle cose imperfette, temporanee e incompiute” (Leonard Koren), un concetto che è parte integrante della cultura giapponese e che Martina della Valle celebra in una serie composta da dittici in bianco e nero e fotografie a colori di grande formato.

La ricerca dell’artista nasce nel corso di un viaggio in Giappone, dal ritrovamento di alcuni negativi non datati che ritraggono, tra gli altri soggetti, composizioni di ikebana. Appartenuti probabilmente a un artista o a uno studio fotografico, i materiali trovati – scatti di vari formati, lastre di vetro e contenitori di carta pergamena scritti a mano – sono stampati a contatto in scala 1:1 con la loro polvere e i graffi inalterati. Da questo primo nucleo di immagini scaturisce un’ulteriore riflessione sul paesaggio, che indaga le tracce e le possibilità dell’intervento umano sulla natura, i tentativi di piegare le forme naturali, di ridurle da complesse a schematiche, cercando di regolare l’imprevedibile. Riflessione che l’artista ha approfondito con il workshop “One Flower, One Leaf. Ikebana applicata al territorio” condotto insieme all’artista e docente di ikebana Rie Ono. Nel corso del laboratorio i partecipanti, seguendo i principi basilari dell’arte dell’ikebana e utilizzando i materiali vegetali spontanei (rami, fiori, legni, ecc.) raccolti nella zona urbana di Prato, hanno sperimentato un nuovo approccio alla rappresentazione del paesaggio. Hanno osservato, selezionato e realizzato composizioni vegetali che, attraverso pochi elementi, costituiscono una sorta di inedita mappatura del paesaggio urbano di Prato.

In Wabi-Sabi, Martina della Valle si concentra sulla traccia, si confronta con la memoria, sviluppa un’estetica e uno sguardo fortemente personali. E unisce alla “osservazione” dei luoghi l’indagine della relazione tra l’uomo e il territorio che abita, in un approccio concettuale che rimanda a quell’importante stagione della fotografia italiana oggi conosciuta come “scuola italiana di paesaggio” e all’interno della quale è nata l’esperienza di Dryphoto arte contemporanea. La contaminazione della fotografia con l’arte dell’ikebana e l’inclusione del pubblico attraverso lo strumento del workshop hanno permesso un’indagine del paesaggio multidisciplinare, condivisa e in grado di aprire inattesi percorsi di pensiero.

Martina della Valle (Firenze, 1981) si diploma nel 2003 al corso triennale di fotografia all’Istituto Europeo di Design di Milano. E’ stata selezionata nel 2007 per partecipare al CSAV della Fondazione Ratti a Como e per una residenza di due mesi offerta dalla DENA Foundation al Centre des Recollets a Parigi. Invitata nell’ottobre 2009 al programma di residenza Air Onomichi a Onomichi (Hiroshima, Japan). Nel 2014 ha trascorso nuovamente un mese a Parigi grazie alla residenza offerta dall’Istituto Italiano di Cultura con il Mois de la Photo. La sua ricerca muove dalle basi della tecnica fotografica, dallo studio delle tracce fisiche e emotive lasciate dalla luce, nel tempo e nello spazio. Il suo lavoro si sviluppa spesso attraverso linguaggi differenti, assumendo la forma di immagine fotografica, video o anche installazione site-specific. Attualmente vive e lavora a Berlino Ha esposto il suo lavoro in vari spazi sia in Italia che all’estero, tra gli altri: Italian cultural Institute (Parigi), Festival Circulation(s) (Parigi), Fondazione Bevilacqua La Masa (Venezia), Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (Torino), Galleria Civica (Modena), EX3 (Firenze), Metronom Gallery (Modena), Artopia Gallery (Milano), Kuhn Gallery (Berlino).

Foto: © Martina della Valle, dalla serie Wabi-Sabi – courtesy dell’artista

“One flower, one leaf”. Ikebana applicata al territorio
workshop con Martina della Valle e Rie Ono 

/ date: 24 e 25 settembre 2016
/ sede: Dryphoto arte contemporanea, via delle Segherie 33a, Prato 
/ organizzazione: inner code

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© Martina della Valle, dalla serie Wabi Sabi

Il workshop nasce da un’idea di Martina della Valle, artista di cui Dryphoto arte contemporanea ospiterà la mostra personale Wabi Sabi dal 30 settembre al 15 novembre. Il laboratorio intende legare la tradizione giapponese dell’Ikebana (l’arte di arrangiare i fiori) a una riflessione site-specific sul territorio urbano.

Il workshop ripercorrerà i punti fondamentali della ricerca sulla quale si basa il lavoro di della Valle, sotto la conduzione di Rie Ono, artista e docente di Ikebana.
Dopo una prima introduzione sulle origini e alcuni principi basilari dell’arte dell’Ikebana, la ricerca si allargherà sul paesaggio vegetale circostante Dryphoto arte contemporanea per la selezione e la raccolta di materiali vegetali spontanei (piante, rami, fiori, ecc.) e per poi concludersi con la realizzazione da parte di ciascun partecipante della propria composizione di ikebana.

Dall’esperienza del workshop le due artiste prenderanno ispirazione per la realizzazione di una “scultura” con la quale rappresentare idealmente parte del paesaggio naturale dell’area che sarà parte integrante della mostra. 

Programma
Sabato 24 settembre, ore 11:00-18:00

Introduzione al workshop e al progetto della mostra
Fondamenti di Ikebana
/ Pausa /
Passeggiata nei dintorni di Dryphoto arte contemporanea
Osservazione e raccolta materiale vegetale

Domenica 25 settembre, ore 11:00-16:00
Studio dei materiali raccolti
Schemi e tecniche Ikebana
Realizzazione delle composizioni
/ Pausa /
Documentazione fotografica delle realizzazioni
Conclusione del workshop

Attrezzatura
Kenzan (basamento per la composizione) e vasi saranno messi a disposizione da parte dell’organizzazione e compresi nel prezzo del workshop. I partecipanti, se desiderano, possono portare una loro base/vaso .
Forbici e scarpe comode da passeggio sono necessarie per entrambe le giornate.

Lingua
Inglese e italiano. Per le parti in inglese sarà fornita traduzione simultanea.

Costi
120 € a persona. La quota di partecipazione al workshop comprende un Kenzan che rimarrà a ciascun partecipante e i materiali per il workshop, non include le spese di viaggio e di vitto/alloggio. Per informazioni e iscrizioni scrivere a info@dryphoto.it. L’iscrizione sarà convalidata al momento del pagamento (di cui si prega di inviare notifica via email), che potrà avvenire tramite bonifico bancario su: Banca Popolare di Vicenza  via degli Alberti 2, 59100 Prato, IBAN: IT25-M057-2821-5014-9057-0086-069.

Posti limitati. Iscrizioni entro lunedì 19 settembre 2016.

/BIOGRAFIA DOCENTI
Martina della Valle (Firenze, 1981) si diploma nel 2003 al corso triennale di fotografia all’Istituto Europeo di Design di Milano. E’ stata selezionata nel 2007 per partecipare al CSAV della Fondazione Ratti a Como e per una residenza di due mesi offerta dalla DENA Foundation al Centre des Recollets a Parigi. Invitata nell’ottobre 2009 al programma di residenza Air Onomichi a Onomichi (Hiroshima, Japan). Nel 2014 ha trascorso nuovamente un mese a Parigi grazie alla residenza offerta dall’Istituto Italiano di Cultura con il Mois de la Photo. La sua ricerca muove dalle basi della tecnica fotografica, dallo studio delle tracce fisiche e emotive lasciate dalla luce, nel tempo e nello spazio. Il suo lavoro si sviluppa spesso attraverso linguaggi differenti, assumendo la forma di immagine fotografica, video o anche installazione site-specific. Attualmente vive e lavora a Berlino. Ha esposto il suo lavoro in vari spazi sia in Italia che all’estero, tra gli altri: Italian cultural Institute (Parigi), Festival Circulation(s) (Parigi), Fondazione Bevilacqua La Masa (Venezia), Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (Torino), Galleria Civica (Modena), EX3 (Firenze), Metronom Gallery (Modena), Artopia Gallery (Milano), Kuhn Gallery (Berlino).

Rie Ono ha studiato SOGETSU ikebana (arte giapponese di arrangiare i fiori) allo Hinata Ikebana Studio di Tokyo, Giappone dal 2007 al 2013, dove ha conseguito il diploma di insegnante di 4° livello. Per due anni ha insegnato  Ikebana  a studenti internazionali nel suo studio di Tokyo. Da gennaio 2015 vive a Berlino dove continua la sua attvità di insegnante e d’artista di ikebana. Ha inoltre partecipato a numerosi eventi d’arte collaborando con artisti  e realizzando opere d’arte floreali per aziende locali.

intervengono Marcella Manni e Luca Panaro

/ data: 29 giugno 2016 
/ orario: dalle 19:30 
/ sede: Giardino Melampo, via delle Segherie 33a

In un mondo sepolto da un continuo flusso di oggetti significanti, la ricerca intorno alle immagini e ai meccanismi interni di produzione e attribuzione di senso, diviene un’urgenza piuttosto che una semplice scelta artistica.” (Discipula)

Generazione critica, che quest’anno giunge alla terza edizione, è un’iniziativa nata con l’obiettivo di approfondire le tematiche della critica d’arte prendendo in considerazione le esperienze artistiche, e in particolare fotografiche, degli ultimi decenni, promuovendo il dibattito e lo scambio di idee. Un workshop e un convegno riflettono ogni anno su un tema diverso e gli interventi sono poi raccolti in una pubblicazione.

In linea con le caratteristiche sperimentali e di ricerca di Generazione critica, Arte, Fotografia e Tecnica propone una analisi di come gli artisti e l’arte del Duemila si relazionano con i nuovi media. Post-fotografia, narrazione, rigenerazione e una possibile nuova estetica sono alcune delle parole chiave attorno alle quali ruota un discorso critico che comprende sia la pratica artistica, che il contesto culturale che gli artisti vivono e, allo stesso tempo, contribuiscono a costruire.

Il volume Generazione Critica #3. Arte, Fotografia e Tecnica (2016) è a cura di Marcella Manni e Luca Panaro, edito da Danilo Montanari Editore.

Marcella Manni (Modena, 1972) dal 2008 cura l’attività di Metronom a Modena seguendo progetti dedicati alla cultura visiva contemporanea con una particolare attenzione alla fotografia. Collabora con enti e organizzazioni culturali portando avanti attività di ricerca e laboratori di pratica filosofica applicata all’arte contemporanea.

Luca Panaro (Firenze, 1975) è critico d’arte e curatore. Insegna “Storia della critica fotografica” all’Accademia di Belle Arti di Brera. Tra i suoi libri: L’occultamento dell’autore. La ricerca artistica di Franco Vaccari (2007), Tre strade per la fotografia (2011), Conversazioni sull’immagine (2013), Casualità e controllo. Fotografia, video e web (2014), Visite brevi (2015), Photo Ad Hoc (2016). Ha pubblicato su Enciclopedia Treccani XXI Secolo il saggio Realtà e finzione nell’arte contemporanea (2010) e co-curato i volumi Generazione critica (2014-2016).

Generazione Critica #3
a cura di Marcella Manni e Luca Panaro
casa editrice: Danilo Montanari Editore
anno: 2106

www.generazionecritica.it
www.danilomontanari.com

un film di Martino Lombezzi

/ data: 23 giugno 2016 
/ orario: dalle 19:30 
/ sede: Giardino Melampo, via delle Segherie 33a

Nell’attentato del 23 dicembre 1984 al treno Rapido 904 Napoli Milano morirono 16 persone e più di duecento rimasero ferite. Il film va alla ricerca delle tracce che quella strage ha lasciato nei corpi e nella memoria dei sopravvissuti: alcuni di loro, dopo trent’anni di silenzio, parlano oggi per la prima volta. Parlano anche alcuni dei soccorritori: ferrovieri, medici, vigili del fuoco, poliziotti che per rimi entrarono in galleria, ignari dello scenario di morte e distruzione che si sarebbero trovati di fronte.
Con questa parte di memorie personali, che forma il corpo del film, si intreccia la cronaca del processo di Firenze a Totò Riina, accusato di essere il mandante della strage. Il processo si è concluso nell’aprile 2015. Spezzoni d’epoca, tratti dagli archivi della Fondazione FS e dalle Teche RAI, ci riportano ai momenti immediatamente successivi all’attentato. Queste immagini dialogano con altre, contemporanee, dei luoghi dove si è consumata la strage, riprese dai finestrini del treno, nelle vicinanze della linea ferroviaria e su un plastico che riproduce la tratta appenninica. Il percorso emotivo del film nasce dal confronto fra questi materiali e le memorie dei testimoni.

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© Martino Lombezzi, Rapido 904 La strage di Natale, 2015, still da video

Martino Lombezzi (Genova, 1977) si è laureato in Storia Contemporanea all’Università di Bologna. Durante gli studi ha iniziato a lavorare come fotografo. Nei suoi progetti si è sempre occupato di tematiche legate al territorio, alla memoria, all’identità. Oltre che in Italia, ha lavorato in Medio Oriente e nei Balcani. Nel 2006 entra nell’agenzia Contrasto, collaborando con i principali periodici nazionali, con importanti testate estere e realizzando progetti di corporate per realtà aziendali italiane di primo piano in diversi settori. Tra i suoi progetti ricordiamo “Una giornata estiva, Bologna 2 agosto 1980 trent’anni dopo”, una mostra fotografica ed installazione video sulla strage esposti nel 2010 anche al Parlamento Europeo a Bruxelles, e “Blue Line”, sul confine tra Libano e Israele, finalista di Aftermath project 2013.

Rapido 904 La strage di Natale
regia, sceneggiatura e riprese: Martino Lombezzi
produzione: Zona
con il sostegno di: Toscana Film Commission, Regione Toscana, Comune di Vernio
anno: 2105
durata: 53 min

www.martinolombezzi.it
www.zona.org

un progetto di Massimo Mastrorillo

/ data: 16 giugno 2016 
/ orario: dalle 19:30
/ sede: Giardino Melampo, via delle Segherie 33a

Dal 2009 al 2015 Massimo Mastrorillo è tornato più volte a L’Aquila, passando dalla documentazione del post-terremoto a una ricerca visiva che si sofferma su una zona d’ombra, dove un mondo ora inabitabile sembra riprendere vita.
Con Aliqual Massimo Mastrorillo torna nel centro della città, dove frammenti e rovine sembrano prender vita, come in un improbabile futuro distopico che si fa metafora di una crisi di più ampia portata, oltre gli effetti di un evento – il terremoto – ancora lontano dall’essere superato. Tutto è soggetto a continue metaforfosi, l’organico si confonde con il disorganico. Non si fa in tempo a immergersi in questi ambienti che ci si trova altrove, come in un gioco di specchi dove la percezione delle cose va alla deriva.

© Massimo Mastrorillo, Aliqual, 2015

Massimo Mastrorillo ha lavorato principalmente a progetti fotografici a lungo termine dedicandosi all’analisi delle profonde conseguenze dei conflitti e dei disastri naturali nella società. Tra i suoi principali progetti: Mozambique, a nation in balance between poverty and dream, Indonesia: Just Another Day, The Width of the Line “White Murder”, Bosnia and Herzegovina: if Chaos awakens the Madness, Life after Zero Hour, Aliqual. Ha vinto numerosi premi internazionali, tra gli altri: World Press Photo, Pictures of the Year International (terzo premio Magazine photographer of the year) e Best of Photojournalism (terzo premio Magazine photographer of the year), PDN Photo Annual, International Photographer of the Year al 5th Annual Lucie Awards, Sony World Photography Awards e Aftermath Grant (finalista nel 2011) ed è stato nominato per il premio Pictet 2009 “Earth” e 2015 “Disorder”. Attualmente sta lavorando a The Sea is Us, un progetto sui beni confiscati alle organizzazioni criminali mafiose in Italia, selezionato tra i finalisti del premio Vevey Images 2015. È stato Talent Manager dell’agenzia LUZ e fondatore e docente della Luz Academy. È Leica Ambassador e docente presso la Leica Akademie e la Scuola Romana di Fotografia. È uno dei fondatori di D.O.O.R., una factory romana che lavora con la fotografia, le arti visive e l’editoria.

Aliqual
un progetto di Massimo Mastrorillo
a cura di D.O.O.R.                                                
Design libro: 3/3
Casa editrice: Skinnerboox
Anno: 2015

www.massimomastrorillo.com
www.doitoriginalorrenounce.it
www.treterzi.org
www.skinnerboox.com

moderano Luca Carradori e Chiara Ruberti

/ sede: Giardino Melampo, via delle Segherie 33a 
/ data: 9 giugno 2016 
/ orario: dalle 19:00 
/ costo: 8€ a persona, compreso aperitivo

La storia di Dryphoto arte contemporanea inizia nel 1977 e nel 1981 si inaugura lo spazio espositivo di via Pugliesi 23 con due mostre di Luigi Ghirri. Da quel momento in poi Dryphoto arte contemporanea ha presentato il lavoro di artisti giovani e affermati, da Olivo Barbieri a Guido Guidi e Vittore Fossati, da Francesca Woodman a Michael Schmidt e Thomas Ruff, da Robert Pettena, Gea Casolaro a Giovanni Ozzola, Tancredi Mangano e molti altri. Le esperienze e le riflessioni che hanno animato la storia trentennale di Dryphoto sono parte fondamentale del bagaglio con il quale inner code intraprende il suo viaggio. Ci piace perciò cominciare questa serie di Conversazioni ripercorrendo la storia di Dryphoto arte contemporanea attraverso le immagini degli artisti che negli anni ha scelto di proporre e con i quali ha scelto di lavorare. E farlo in un modo non convenzionale, attraverso quello che abbiamo definito “un editing improbabile”, al quale daremo vita insieme nel corso della serata.

/ Data: 7 maggio 2016, dalle ore 10:00 alle ore 17:00 
/ Sede: Dryphoto arte contemporanea, via delle Segherie 33a, Prato 
/ Organizzazione: inner code

«Questa è la storia di un delitto: l’uccisione della realtà […] L’immagine non può più immaginare il reale, poiché coincide con esso. Non può più sognarlo, poiché ne costituisce la realtà virtuale… per fortuna il delitto non è mai perfetto» (J. Baudrillard, Il delitto perfetto, 1995)

L’ambiguità del mezzo fotografico, il suo intrinseco oscillare tra documento e finzione, è sicuramente uno degli aspetti sui quali la fotografia contemporanea maggiormente si interroga.
La finalità del workshop, che si articolerà in tre giorni distribuiti su due weekend, è quella di esplorare le diverse tecniche di ricostruzione della realtà attraverso la fotografia e il video, dall’appropriazione di materiali d’archivio alla messa in scena, alla manipolazione digitale delle immagini.

Foto: © Moira Ricci, Dove il cielo è più vicino, 2014, still da video

/ BIOGRAFIA DOCENTE
Moira Ricci (Orbetello, 1977), nata nella campagna maremmana, è sempre rimasta fedele alla cultura della sua terra, studiandone le tradizioni più antiche e radicate, approfondendone i significati simbolici e costruendo storie immaginarie intorno ad essa. Impiegando la fotografia, il video, l’installazione come media privilegiati, Moira Ricci recupera vecchie immagini da album di famiglia e piccoli archivi privati, raccoglie testimonianze visive e sonore, riprende personali ricordi infantili per destinarli a nuovi significati. La sua opera, basata sulla attenta rielaborazione digitale di immagini esistenti e su riprese video di scene di vita quotidiana, sortisce un effetto di intenso realismo. Nelle sue storie, spesso di impronta autobiografica, intreccia la propria identità individuale a quella della comunità a cui appartiene, studia il legame originario con il territorio, unisce l’invenzione tecnologica alla rivisitazione delle immagini popolari.
Tra le sue mostre personali: Capitale terreno, Museo di Fototografia Contemporanea – Spazio Oberdan, Milano, 2015; Per sempre con te fino alla morte, Galleria d’Arte Contemporanea Laveronica, Modica (RG), 2012; Da Buio da Buio, a cura di Andrea Lissoni e XING, Padiglione d’Arte Contemporanea, Ferrara, 2009. Ha inoltre partecipato a numerose collettive, tra le altre: We have never been modern, a cura di Maria Rosa Sossai e Angelo Gioè, Song Eun Art Space, Seoul (ROK), 2015; Autoritratti. Iscrizione del femminile nell’arte italiana contemporanea, Mambo. Museo d’arte moderna di Bologna, Bologna, 2013; Family talk, a cura di Marco Antonini, FUTURA Centre for Contemporary Art, Prague (CZ), 2012; Realtà Manipolate. Come le immagini ridefiniscono il mondo, a cura di Martino Marangoni, Franziska Nori, Brett Rogers, Luminita Sabau, Strozzina-Palazzo Strozzi, Firenze, 2009; Location1 project’s room, a cura di Nathalie Angles, Location1’s gallery, New York (NY), 2008; Invisible miracles, a cura di Anna Daneri e Roberto Pinto, XIII CSAV Fondazione Antonio Ratti, Viafarini, Milano, 2007; Netmage, a cura di Andrea Lissoni e Daniele Gasparinetti, Palazzo Re Enzo, Bologna, 2007.